Vous êtes ici : Accueil > Programme

Spingendo la notte più in là. Il discorso della memoria.

Inge Lanslots, Van den Annelies Bogaert

Résumé

Il presente contributo propone di analizzare produzioni recenti, che lavorano sulla memoria degli anni di piombo selezionando narrazioni con una componente esplicitamente performativa o finzionale. Il nostro studio comprenderà quindi due sezioni.

Nella prima parte si priviligeranno narrazioni con una componente performativa che si possono rubricare secondo una tipologia tuttora provvisoria.
- La narrazione può innanzitutto consistere nella recita di testi preesistenti, quali Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo di Calabresi, realizzata da Luca Zingaretti e altri attori.
- In altri contesti la componente performativa risulta in un incontro pubblico tra “famigliari, parenti, conoscenti delle vittime di mafia e terrorismo”. Così, Le vie e la memoria. Testimonianze di protagonisti dell’Italia civile si trasforma in un atto commemorativo che alterna ricordi, recita e la proiezione di frammenti di proiezioni della recita dello stesso Zingaretti.
- Altri testi si vogliono una rappresentazione diretta della storia, se possibile in loco, sfociando in una narrazione frammentata che recupera testi e testimonianze interrotte da riflessioni e osservazioni.
Con strategie discorsive diverse i testi commemorativi aspirano alla costruzione di un’identità individuale e collettiva, ma anche ad un risarcimento del silenzio e i tentativi di oblio senza trasformarsi però in uno spettacolo vero e proprio.

Nella seconda parte il corpus si limiterà a narrazioni cinematografiche recenti in cui, contrariamente a quello che avviene nei testi teatrali che partono tutti dal punto di vista delle vittime, si assiste ad una relativa marginalizzazione degli anni di Piombo nella misura in cui la rappresentazione della stagione di terrorismo è subordinata a quella della vita privata dei protagonisti – la Storia funge da sfondo storico. La marginalizzazione, che non va scambiata per oblio né rimozione, si profila in almeno quattro categorie.
- In un primo tipo di film lo spettatore viene guidato da un personaggio che rappresenta un gruppo o movimento. Pensiamo in particolare a film come Lavorare con lentezza. Radio Alice 100.6MHz di Guido Chiesa a cui ha collaborato il collettivo bolognese Wu Ming. Nella narrazione il regista può aver ricorso a strategemmi legati al poliziottesco (Quo Vadis, Baby di Gabriele Salvatores).
- In altri film si contrastano due prospettive sempre maschili, che stanno per il movimento versus le forze dell’ordine o la Sinistra versus la Destra, in rispettivamente La meglio gioventù di Tullio Giordana e Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti.
- In una terza categoria si confrontano la prospettiva della vittima con quella del brigatista (come nel film La seconda volta di Mimmo Calopresti che ha generato polemica).
- Il quarto tipo di film si vuole narrazione corale per cui diventano possibili varianti degli stessi fatti o episodi in un gioco di equivoci (Romanzo criminale di Michele Placido).

Allo studio della tipologia si aggiungeranno un eventuale confronto con opere teatrali e cinematografiche meno recenti (di, per esempio, Giuseppe Bertolucci, Dario Fo e Margarethe von Trotta) e la ricezione delle produzioni recenti allo scopo di stabilire come si posizionino i cosiddetti “non spettacoli” rispetto alla finzionalizzazione che propongono i film nonché rispetto alle testimonianze tout court.

Texte intégral

PDF - 62.5 ko
Communication

Il discorso dalla memoria: un’orazione dal buio

Spingendo la notte più in là diventa un’orazione civile per ricordare le vittime del terrorismo. Sul palco della Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, giovedì 6 dicembre, Luca Zingaretti leggerà brani tratti dal libro [omonimo] in cui Mario Calabresi, figlio del commissario di polizia Luigi, assassinato il 17 maggio 1972 davanti alla sua casa di Milano, racconta la drammatica vicenda della famiglia, senza polemiche.[1]

Con tali parole venne annunciata la recita di Luca Zingaretti, anche regista dello spettacolo, assistito da Sara D’Amario, Roberto De Francesco e Biancamaria Lelli. Su una scena poco illuminata, che si rischiarirà solo alla fine dello spettacolo, i quattro attori portarono al pubblico (a cui furono distribuiti gratuitamente i biglietti), una lettura parziale del libro di Mario Calabresi, il cui testo è stato ridotto ad un terzo e anche leggermente ristrutturato[2]. La lettura di Spingendo la notte più in là, che ora è disponibile su dvd, venne poi introdotta e progressivamente più interrotta da filmati in bianco e nero e a colori dell’epoca: immagini (crudeli) degli Anni di piombo si alternarono con immagini private di felicità senza che la presenza di colori segnasse o meno la positività dell’evento filmato. Va detto, tra parentesi, che il primo filmato, quello introduttivo con il ritrovamento del corpo di Moro, fa anche parte di Aldo Moro. Una tragedia italiana, rappresentazione di Paolo Bonacelli (con la regia di Giorgio Ferrare) dedicata a Aldo Moro[3] e che frammenti dello spettacolo di Zingaretti a loro volta sono stati inseriti in La memoria e l’Italia civile, un’iniziativa della città di Vigevano avvenuta lo scorso 23 maggio che si presentò come «un incontro pubblico con famigliari, conoscenti delle vittime di mafia e di terrorismo, alle quali la città di Vigevano ha recentemente intitolato nuove vie»[4].

Nello spettacolo di Zingaretti, le immagini dei filmati riecheggiano le parole degli attori (e di Calabresi) e vengono annunciate o accompagnate da “intermezzi” musicali composti e eseguiti da Arturo Annecchino. Nel corso dello spettacolo si registra una graduale interazione tra parola, immagine e suono (audio) cosicché l’alternanza e le pause cedono ad una specie di rafforzamento in crescendo. Così, Spingendo la notte più in là si trasforma in uno spettacolo corale restituendo la memoria di chi è stato ucciso (come lo stesso Moro), dando voce alle vittime sempre vive la cui memoria individuale aspira ad influenzare quella collettiva che presume troppo nutrita di ricordi falsi o troppo parziali. Lo spettacolo parte quindi da una testimonianza scritta dal giornalista Calabresi nel genere della memorialistica.

Nel presente contributo ci si concentrerà sulla costruzione dell’identità della figura paterna assente, dell’atto di ricordare e dell’interazione tra memoria individuale e collettiva, ricorrendo laddove necessario alla teoria del sociologo Maurice Halbwachs ed a conclusioni di altri ricercatori che sulla sua scia si occupano dei cultural studies.

Memoria, identità e narratività: la memoria come ricostruzione[5]

Allo scopo di afferrare le ramificazioni di questa problematica, si riferirà non solo allo spettacolo di Zingaretti ma anche al testo di partenza di Mario Calabresi (1970) che a più occasioni nel testo, ma anche in interviste e altri metacommenti[6], sottolinea la sua predisposizione alla memorizzazione e consecutivamente alla archiviazione, come afferma nell’incipit di Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo: «Oggi scrivo, ma sono anni, praticamente da sempre, che archivio ricordi, discorsi e confidenze»[7].

Tali ricordi etcetera, che richiamano la figura paterna, scattano da immagini, definiti come «fotogrammi di un film privato, inaccessibile» (SN 9), che nell’atto di ricordare diventano un filmato proiettato e “visto” o condiviso con altri e quindi raggiungibile e disponibile, come pose Halbwachs. I motori di questo processo, di questa «ricostruzione lentissima» (SN 57) come precisa Calabresi, sono i parenti, i famigliari, in particolare la madre e i nonni materni. Centrale nella ricostruzione è il ricordo del giorno in cui il padre Luigi fu assassinato, sintetizzato poi nel “no” disperato della madre Gemma. Il grido disperato – elemento chiave – è caratteristico della nitidezza di tutti i dettagli (i cosiddetti particolari) con cui viene ricostruita la giornata del 17 maggio 1972. Tale nitidezza non implica però un tono distaccato; lo stile adoperato da Calabresi è privo di sentimentalismi, sobrio, ma allo stesso tempo avvincente e emozionante. Allo stesso modo, Zingaretti, nello spettacolo, evita gli eccessi della retorica.

Nel suo testo, Calabresi insiste molto sulle «virtù taumaturgiche» (SN 6) della memorizzazione, sottolineando come il ricordare faccia parte del lutto. Non si tratta però solo di eventi ricordati con una precisione agghiacciante, ma anche di ricordi di sentimenti, di sensazioni senza agganci spaziotemporali precisi, come il sentimento della tranquillità in mezzo al caos, in mezzo al disordine rafforzato poi dall’atteggiamento della madre e dei nonni materni. Il sentimento si è presto convertito in una lezione di vita interiorizzata a tal punto che solo a distanza di anni Mario Calabresi ha scoperto di averlo sperimentato davvero la domenica prima della morte del padre: assistendo nella compagnia del padre ad una sfilata degli Alpini, Mario si era potuto avvicinare alla banda, aveva toccato uno degli strumenti (il trombone) senza che fosse davvero permesso.

Ho sentito quella sensazione calda e ho pensato a lui. È l’eredità che mi ha lasciato. Mi ha regalato la tranquillità in mezzo al disordine, una specie di pace che mi prende quando tutto intorno accelera, più accelera e più dentro di me le cose si fermano, si chiarificano, sembrano semplici. Era solo una banda degli Alpini, ma me la porto dentro da quasi trentacinque anni. (SN 40)

Insieme al ricordo del “no” questo ricordo di una impressione positiva è doppiamente straordinario, perché all’età di due anni non si è supposti di assorbire tali eventi dato lo stadio precoce dello sviluppo linguistico del bambino. L’impressione confusa si ricostruirà e si completerà in quanto ricordo positivo con l’aiuto della madre. D’altra parte, Calabresi ci avverte dell’eventuale logoramento dei ricordi (SN 31) nel senso che i ricordi troppo richiamati si svuoterebbero.

Ciò nonostante sia lo spettacolo, sia il testo originale di Spingendo la notte più in là sono una testimonianza e un tentativo – riuscito – di recupero senza che si possa parlare di narrazione di “ricovero”[8], in e tramite cui si cerca di superare un trauma. Con ciò tocchiamo l’unicità del testo di Mario Calabresi: contrariamente alle testimonianze per cui la scrittura implica un chiaro valore terapeutico, la narrazione di Calabresi segna proprio una fase posteriore al trauma, all’elaborazione della perdita del padre, della consecutiva «bolla di solitudine» (SN 61) e dei momenti di disperazione – si ricordi la descrizione del pianto incontrollabile della madre durante la visione di Bambi (SN 62), anche se questa narrazione corrisponde anche alla volontà di narrare un trauma. Mentre chi è traumatizzato si trova proprio nell’impossibilità di rivivere il trauma: si rimuove il ricordo dell’evento traumatico continuando a vivere nel passato. Infatti, dalle testimonianze di altre vittime, riportate da Calabresi nel suo testo che nello spettacolo di Zingaretti vengono citate parzialmente dai tre altri attori – il discorso dello spettacolo mima la mediazione del testo di partenza, si può dedurre che le altre vittime non sono andate oltre o che stentano tuttora di farlo. Recuperando l’addio di Vanna Marangoni al marito, medico legale sparato davanti a casa sua, si potrebbe dire che esse in opposizione alla famiglia Calabresi non sono state capaci di salutare i defunti («‘Ci dobbiamo salutare’», SN 67). In altre parole, sono rimaste “naufraghi”, come l’annuncia il titolo del settimo capitolo nel libro e della quinta parte dello spettacolo e come esplicita Calabresi nel brano seguente:

Ho sempre paragonato ciò che ci è successo a un naufragio. All’improvviso si perde tutto, ci si trova sbalzati nell’acqua scura e profonda. Può succedere che il disastro sia annunciato dalla tempesta, ma ci sono anche le falle improvvise, gli iceberg, le orche. Se quello di mio padre fu un naufragio ipotizzabile, basta andare a ripercorrere i fatti di quei giorni […]. (SN 84)

Memoria, gruppi e appartenenza ; memoria come ingegni della cultura[9]

Tornando a Spingendo la notte più in là si deve mettere in evidenza che nella memoria dei Calabresi mancano del tutto feticci e demoni[10], tipici del discorso sul trauma, ma si allude spesso al fatto che sono stati demonizzati proprio loro, le vittime. Mario e i suoi fratelli, da sempre, portano l’etichetta di «‘i figli di…’» (SN 60), cioè i figli del «‘commissario finestra’» (SN 44) che, come sappiamo, anche grazie ai media è stato incolpato dalla morte dell’anarchico Pinelli arrestato nel trambusto dopo la strage di Piazza Fontana. Da molto tempo (ad essere precisi, dal 1975), Calabresi è stato discolpato, ma il commissario non sembra aver perso quest’aura di sospetto, il che è stato agevolato dall’inaccessibilità di certi documenti che potrebbero gettar luce, rivelare tutta la verità sul caso, verità che «non trovò spazio nello scontro forsennato di quegli anni» (SN 44).

Calabresi è ben lungi dall’essere l’unico ad avere subito una sorte simile. Perciò la sua testimonianza a più volte dà corso libero ad atti di denuncia contro la mancanza di giustizia e di trasparanza dello Stato italiano, che quindi a sua volta ha largamente contribuito alla «distorsione della memoria»[11] di Luigi Calabresi e chi con lui si era(no) imposto(i) un impegno nei confronti della società italiana:

Invece ci furono ambiguità, chiusure, quel pezzo di Stato per il quale lavorava mio padre, che faceva capo al Viminale e aveva sede in via Fatebenefratelli a Milano, diede una pessima prova di sé e con le sue reticenze insultò il Paese e avallò i più terribili sospetti. (SN 43)

Oltre a ciò le vittime, quelle sempre vive, non hanno mai avuto nessuna forma di assistenza sociale né psicologica. La figlia del poliziotto Custra, per esempio, paga tuttora per le visite dallo psicologo. Altri seguono una terapia psicoanalitica, la terapia che scava appunto nel passato per superare la rimozione dell’insopportabile. Calabresi poi dà rilievo al fatto che il riconoscimento delle vittime del terrorismo è avvenuto molto tardivamente:

Il presidente della Repubblica il giorno prima è caduto, si è fratturato un braccio, c’è preoccupazione, probabilmente non consegnerà le medaglie al valore. Neppure quelle alla memoria dei caduti del terrorismo, quelle medaglie d’oro che arrivano dopo un’eternità, che risucchiano tutto trent’anni indietro, che restituiscono dolori improvvisi, a cui non si è mai preparati, che non fanno mai la cortesia di annunciarsi. Arrivano e ti strappano dal presente. […]

Bisognerebbe avere voglia di guardare ancora, di scansare gli archivi, di togliere la polvere, di liberarsi della retorica burocratica, dei numeri che incasellano quel poliziotto come la vittima numero quattordici degli Anni di piombo. E allora si potrebbe vedere qualcos’altro, qualcosa che inizia a mettere ansia, disagio […]. (SN 15)

Il riconoscimento rompe il silenzio che circonda le vittime e viene collegato esplicitamente al lavoro della rimembranza, come pone Ciampi: «‘Abbiamo ritrovato la memoria…[…]’» (SN 18, 108…), dichiarazione che diventa un ritornello nel testo di Calabresi. Il giornalista insiste sul fatto che tale riconoscimento andrebbe fatto senza retorica (SN 29), né formule vuote («‘il dolore dei parenti’», SN 66, cfr. SN 121) né slogan, tutto come la monumentalizzazione per le vittime che d’altronde risale proprio a poco tempo fa. Così, solo nel 2007, la Provincia di Milano «ha deciso di porre un cippo in memoria di Luigi Calabresi, in occasione del trentacinquesimo anniversario della morte, che cade il 17 maggio. Un’idea che riempie un vuoto in città, subito seguito dall’annuncio del sindaco Letiza Moratti di mettere una targa in via Cherubini» (SN 46). In questo passaggio, contrariamente al tentativo mantenuto di Calabresi di dissociare il binomio Pinelli-Calabresi che è molto presente nella memoria collettiva, l’autore stesso accomuna le due vittime per dimostrare che a Pinelli è stata dedicata una lapide quasi subito, anche se ufficiosa[12]. Mario Calabresi accenna poi al fatto che il padre e Pinelli si conoscevano e si rispettavano. Bisogna inoltre sottolineare che la famiglia Calabresi non ha mai nutrito sentimenti di odio nei confronti di Pinelli: «Sicuramente in casa nostra Giuseppe Pinelli non è mai stato un nemico» (SN 55).

In conclusione a questo punto, dal discorso di Spingendo la notte più in là spicca un’altra immagine della figura di Luigi Calabresi e del contesto storicosociale che potrebbe mettere in questione quella tramandata dalla memoria collettiva – risultato dei guidizi sociali come definiti da Halbwachs – che ha imbrogliato Mario Calabresi stesso[13], che risulta dalla manipolazione della memoria sociale incline alla revisione, all’oblio e alla mediazione sociale di eventi e persone[14], come lo fa Agnese Moro in Un uomo così. Ricordando mio padre, che tramite l’omaggio a suo padre e negli incontri avvenuti dopo la prima pubblicazione della sua testimonianza del 2003, ha «[v]oglia di verità, di limpidezza e di rispetto»[15] nella misura in cui si rende conto di avere ora un ricordo «più ‘collettivo’»[16] di suo padre, condiviso con altri. A questo punto andrebbe menzionato I silenzi degli innocenti del giornalista Giovanni Fasanella e dell’insegnante Antonella Grippo, libro che parte dalla strage di Piazza Fontana per dar voce ai famigliari intervistati dai due autori:

Questo è un libro costruito sui silenzi, sulla memoria, sull’intollerabilità di certi ricordi.
Ricordi di persone che chiuse nella solitudine del loro dolore, nella disperazione, nella paura[17].

Però, laddove il testo della Moro ed i contributi riportati da Fasanella e Grippo, tra cui uno della figlia primogenita di Moro, Fida, vengono caratterizzati da una frammentazione discorsiva, Spingendo la notte più in là viene segnata da una maggiore fluidità, proprio per il motivo della maggiore elaborazione del lutto.

Memoria e trasmissione: eventi, riecheggiamenti e «occasioni sprecate» (SN 95)

A prescindere dalle divergenze formali delle testimonianze, Calabresi, insieme alle altre vittime del terrorismo, potrebbe diventare un modello «[i]n un Paese che non riesce a trovare modelli, esempi [… ma c]i vorrebbe una sensibilità diffusa, […] un sentire collettivo» (SN 98) nuovo, diverso. Andrebbe cancellata l’ «idea romantica del terrorismo» (SN 99) che, da una parte, giustifica la violenza a nome di un progetto rivoluzionario e che dall’altra, ha trasformato i terroristi in vittime nel senso di «perdenti, persone che hanno fatto una battaglia ideale ma non sono riuscite a vincere» (SN 98). L’idea romantica deriva dalla “nostalgia” nell’accezione di Halbwachs che privilegia il lato positivo di esperienze e episodi del passato[18], alla quale i terroristi stessi hanno contribuito tramite interviste concesse loro dai media e dalle pubblicazioni (auto)biografiche. Le loro voci hanno ampiamente dettato il rapporto tra memoria, storia delle idee e storiografia come forme di sapere[19]. Ricordiamo che in quegli anni Pasolini era una delle poche voci critiche in questo proposito che già in occasione di “Valle Giulia” aveva cercato di smontare il mito rivoluzionario:

“Uccisi perché? Per il sogno di un gruppo di esaltati che giocavano a fare la rivoluzione, si illudevano di essere spiriti eletti, anime belle votate ad una nobile utopia senza rendersi conto che i veri ‘figli del popolo’, come li chiamava Pasolini, stavano dall’altra parte, erano i bersagli della loro stupidi follia.” (SN 77)

Pasolini ha sempre spinto il popolo italiano a prendere posizione[20].

Calabresi ci mostra anche che le cosiddette vittime si sono reinserite nella società spesso in posizioni strategiche a livello istituzionale o giornalistico – si allude non a caso ad Adriano Sofri[21], che ora è il suo collega alla Repubblica, come se la fine della sentenza e della consecutiva sanzione punitiva gli togliesse anche la responsabilità dei delitti commessi (cfr. SN 98). Senza che l’autore a sua volta diventi polemico, riferisce in modo molto sottile alle polemiche che hanno suscitato le iniziative in difesa di Sofri (SN 120), quali le osservazioni del già citato Erri De Luca (SN 101).

Spingendo la notte più in là scansa la polarizzazione destra-sinistra, molto presente in La meglio gioventù e Mio fratello è figlio unico, due film che si trovano anche nella focalizzazione maschile e nella rilettura della Storia[22], anche perché la sinistra fa parte del nucelo familiare nella figura del secondo padre Tonino, dal cui poema fu tratto il titolo Spingendo la notte più in là riportato all’inizio del volume. Ma anche nella figura della moglie Caterina, nipote di Natalia Ginzburg, con cui Calabresi ha due figlie che portano il doppio cognome «Emma e Irene Calabresi Ginzburg. Il loro passaporto con due nomi che sono diventati uno solo mi mostra con chiarezza che appartengono a un altro secolo» (SN 120).

Memoria in crisi: «altre voci» (cfr. SN 21-22)

Tramite il nostro percorso si è cercato di mostrare come Calabresi riscatti o risarcisca la memoria (SN 108, 109) senza rancore, contrariamente all’approccio in La seconda volta di Mimmo Calopresti, frutto della finzionalizzazione della Storia, tramite cui si assiste ad un confronto duro tra vittima ed ex-brigatista – reso tangibile tramite la pallottola rimasta nella testa della vittima – che solo alla fine porta ad una promessa di riconciliazione perché, come addita Agnese Moro, per troppo tempo «[i]l terrorismo ha avuto proprio questo effetto: impedire il superamento di un passato finito e l’apertura di nuovi e più ampi orizzonti»[23]. Si tratta di una riconciliazione che, in Spingendo la notte più in là, si cristalizza nel brano in cui Calabresi descrive come si è liberato di tutti i ritagli e i documenti che aveva collezionato sul padre mettendo nella stessa valigia che per anni funse come contenitore dell’ archivio storico personale fotografie scattate nelle vacanze famigliari (SN 101).

In conclusione, Spingendo la notte più in là procura una continuità nuova tra passato, presente e futuro, solleva domande evocate durante il convegno, denuncia la questione della «responsabilità», della «disattenzione» e della «sottovalutazione»[24] passando dal «tempus tacendi» al «tempus loquendi»[25] e sottrae il lettore e/o lo spettatore dal passato ridirigendo il nostro sguardo al futuro come sintetizza Calabresi nell’excipit quando descrive le Alpi legate alla propria infanzia e nello stesso tempo il luogo dove il nonno era riuscito a sentire la presenza del figlio morto. Tramite il ricordo dei cari defunti, in particolare il nonno e il padre, lo sguardo viene proiettato verso il futuro ricordando il consiglio della madre:

Quella mattina salii con la prima funivia, quella dei maestri con le giacche a vento rosse, le piste erano ancora intonse, la neve scricchiolava sotto gli sci. Quando arrivai a guardare la parete di roccia dell’Aiguille Noire de Peuterey, che slancia la cima del Monte Bianco, ero completamente solo. Fermo con gli occhi fissi sul ghiaccio prima trovai il nonno, poi papà Gigi. Rimasi ad ascoltarlo a lungo e sentii che era giusto guardare avanti, camminare, impegnarsi per voltare pagina nel rispetto della memoria. Dovevo portarlo con me nel mondo, non umiliarlo nelle polemiche e nella rabbia, così non l’avrei tradito. Bisognava scommettere tutto sull’amore per la vita.

Non ho più cambiato idea. (SN 130-131; corsivi nostri)

Confronto struttura spettacolo & libro


Lettura

 

Libro
1 Frammenti di una storia italiana I Il presagio
2 La Cinquecento blu II Piazza del Popolo
3 Scritte III Una fotografia
4 Ci dobbiamo salutare IV La Cinquecento blu
5 Il naufragio V Scritte
6 Occasioni sprecate VI L’intervista
7 Respirare VII Il naufragio
8 Crediti VIII Ci dobbiamo salutare
    IX Montecitorio
    X Un pittore di sinistra
    XI Ci riameremo
    XII Occasioni sprecate
    XIII Le regole della cucina
    XIV Le scuse
    XV Respirare

 

Lettura
Libro
1  
2 IV
3 V
4 VIII
5 VII
6 XII
7 XV
8  


[1] S.A., Spingendo la notte più in là. Da un’idea di Luca Zingaretti. Vedi i referimenti nella bibliografia selettiva infra.

[2] In coda al presente contributo, si troveranno due schemi che mettono a confronto la struttura dello spettacolo e del libro.

[3] Franco Cordelli, Sul palco un «oratorio» senza ornamenti, 2007.

[4La memoria e l’Italia civile : vedi infra.

[5] Ci si è ispirati alla terminologia di Geoffrey Cubitt, History and Memory, 2007, p. 6.

[6] Come l’intervisa all’autore nella puntata del 17 maggio 2007 di Ballarò.

[7] Mario Calabresi e Luca Zingaretti, Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo, 2008. Da ora in poi, si riferirà a questa edizione nel corpo del testo tramite la sigla SN seguita dal numero della pagina in questione.

[8] Marita Sturken, Narratives of Recovery: Repressed Memory as Cultural Memory, a cura di M. Bal, J. Crew e L. Spitzer, Acts of Memory. Cultural Recall in the Present, 1999, p. 231-248.

[9] Cfr. Cubitt, op. cit.

[10] Cfr. Sturken, op. cit., p. 231-248, p. 245.

[11] Cfr. Cubitt, op. cit., p. 82.

[12] La lapide ufficiale è stata inaugurata nel marzo 2006. Cfr. contributi di John Foot, Italy’s Divided Memory, Basingstoke, Hampshire, Palgrave MacMillan, 2010.

[13] In certe occasioni, Calabresi stesso è stato ingannato di tale memoria, nella misura in cui, nel caso della morte di Antonio Custra, aveva ripreso la trascrizione sbagliata del suo nome: Custrà. Questo aneddoto dimostra quanto sia facile l’inganno diffuso ulteriormente dai media.

[14] Cfr. Cubitt, op. cit., p. 26.

[15] Agnese Moro, Un uomo così. Ricordando mio padre, 2008 [2003], p. 6.

[16] Moro, op. cit., p. 195.

[17] Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, I silenzi degli innocenti, 2006, p. 6.

[18] Halbwachs, in Bal, op. cit., p. 91-92.

[19] Cfr. Cubitt, op. cit., p. 4.

[20] Cfr. la dichiarazione di De Luca nel documentario controverso di Ferdinando Vicentini Orgnani, Il Sessantotto. L’utopia della realtà, Istituto Luce, 2006. Per un ulteriore approfondimento, veda il contributo di Nicolas Bonnet, Erri De Luca, mémoire et responsabilité. La citazione riportata da Calabresi dimostra anche quanto si ricorra ai pensieri di Pasolini che però in seguito riconsiderò il ruolo delle forze d’ordine. In questa sede non ci risulta opportuno elaborare ulteriormente il recupero dei pensieri di Pasolini e l’eventuale decontestualizzazione dei riferimenti.

[21] Cfr. Jean-Louis Fournel e Jean-Claude Zancarini, Une histoire italienne, 2001, p. 127-136.

[22] Per un’analisi dettagliata, riferiamo al contributo di Gino Nocera presentato nell’ambito di questo convegno.

[23] Moro, op. cit., p. 147. Per la rappresentazione del terrorismo sullo schermo, riferiamo al saggio di Christian Uva, Schermi di piombo. Il terrorismo nel cinema italiano, 2007.

[24] Fasanella e Grippo, op. cit., p. 236.

[25Ibid., p. 210.

Bibliografia selettiva

BAL Mieke, CREW Jonathan, SPITZER Leo, 1999, Acts of Memory. Cultural Recall in the Present, Hannover, Londra, Dartmouth College.

BATTISTI Pierluigi, 18 maggio 2007, Il peso della memoria, «Il Corriere della Sera».

BRAMBILLA Michele, 8 maggio 2008, Calabresi, la famiglia che ha ucciso l’odio, «Il Giornale», 107.

CALABRESI Mario e ZINGARETTI Luca, 2008, Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo (libro e dvd), Milano, Mondadori.

CORDELLI Franco, 2007, Sul palco un «oratorio» senza ornamenti, «Il Corriere della Sera», 16 maggio.

CRESTO-DINA Dario, 16 maggio 2007, Gemma Calabresi: “Solo ora torno dove uccisero Luigi”, «La Repubblica».

CUBITT Geoffrey, 2007, History and Memory, Manchester, New York, Manchester University Press.

FASANELLA Giovanni, GRIPPO Antonella, 2006, I silenzi degli innocenti, Milano, RCS Libri (BUR-Futuropassato).

FOURNEL Jean-Louis, ZANCARINI Jean-Claude, 2001, Une histoire italienne, «Laboratoire italien», 2, p. 127-136.

HALBWACHS Maurice, 2007, La memoria collettiva, Milano, Unicopli (Connessioni), Intervista a Mario Calabresi. Ballarò, 17 maggio, [http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Lestorie%5E0%5E24556,00.html], consultato in data 11 novembre 2008 (non più disponibile).

LO RE Silvia, 2008, “Spingendo la notte più in là”. Step 1, 5 febbraio, [http://www.step1.it/index.php?id=4072-spingendo-la-notte-piu-in-la], cons. in data 11 novembre 2008.

LUCARELLI Carlo, 2007 [2005, tramissione Notte blu], Piazza Fontana. Con un’appendice a cura di Nicolo Biondo, Torino, Einaudi (Einaudi Stile libero - dvd), cfr. http://www.blunotte.rai.it/ [20 novembre 2008].

La memoria e l’Italia civile, [http://www.comune.vigevano.pv.it/on-line/ComunediVigevano/Home/articolo1689.html], cons. in data 11 novembre 2008] (non più disponibile).

MORO Agnese, 2003, Un uomo così. Ricordando mio padre, Milano, RCS Libri (BUR), 2008.

PAOLIN Demetrio, 2008, Una tragedia negata. Il racconto degli anni dei piombo nella narrativa italiana, Nuoro, Il Maestrale.

S.A., Spingendo la notte più in là. Da un’idea di Luca Zingaretti, Ufficio stampa Musica per Roma, [http://www.cinebazar.it/riv1a001906.htm], cons. in data 11 novembre 2008, cfr. [http://www.auditorium.com/eventi/4909452], idem.

TELARI Caterina, 2008, L’altra faccia degli anni di piombo. Sintesi dell’incontro-dibattito con Mario Calabresi di venerdì 11 aprile 2008, [http://www.noncapiscolapolitica.org/dblog/articolo.asp?articolo=14], cons. in data 11 novembre 2008] (non più disponibile).

UVA Christian, 2007, Schermi di piombo. Il terrorismo nel cinema italiano, Soveria Mannelli, Rubbettino (Varia).

Bibliografia “Siti Internet”: aggiornata (in ordine alfabetico)

[http://clarence.dada.net/contents/societa/memoria/] (aggiornato)

[http://cronologia.leonardo.it/]

[http://digilander.libero.it/infoprc.doc2.htm] (non più disponibile)

[http://isole.ecn.org/ponte/fontana/index.php] (aggiornato)

[http://lestragiimpunite.interfree.it/] (non più disponibile)

[http://misteriditalia.it/]

[http://www.almanaccodeimisteri.info/]

[http://www.archividelnovecento.it/]

[http://www.cedost.it/] (Centro di documentazione storico politica su stragismo, terrorismo e violenza politica

[http://www.fondazionecipriani.it/fondazione.html]

[http://www.geocities.com/lolocas/neofa/neofa.htm] (non più disponibile)

[http://www.informagiovani.it/Terrorismo/terhome.htm] (aggiornato)

[http://www.larepubblica.too.it/]

[http://www.osservatoriodemocratico.org/]

[http://www.reti-invisibili.net/]

[http://www.senato.it/parlam/bicam/terror/home.htm] (non più disponibile)

[http://www.societacivile.it/memoria/memoria.html]

[http://www.strano.net/stragi/] (aggiornato)

Consultato in data 20 novembre 2008.




Citer cet article :


Lanslots, I. Van den Bogaert, A. « Il discorso della memoria : una questione di spettacolarizzazione o finzionalizzazione ? », colloque Littérature et "temps des révoltes" (Italie, 1967-1980), 27, 28 et 29 novembre 2009, Lyon, ENS LSH, 2009, http://colloque-temps-revoltes.ens-lsh.fr/spip.php?article132.