Luca Rastello è riuscito a scrivere un libro di narrativa, interamente affidato alla soggettività, senza cadere nel narcisimo
minimalista dei troppi cantori di se stessi, ma al contrario facendoci
il tempo delle grandi esperienze collettive. La forza del libro di
rastello è quellqa di essere riuscito a parlare degli eventi politici
che scandirono la seconda metà degli anni ’70 senza con questo
consegnarsi al cronachismo stereotipato dell’affresco giornalistico,
ma conservandone al contrario la carica destabilizzante che ebbero
sulle vite di tutti e ciascuno. Un romanzo tellurico in cui corrono
ancora le colate incandescenti degli anni Settanta ma filtrate e
intraviste tra le fessure negli strati di zolfo e catrame accumulatisi
nei decenni successivi. E’ il romanzo di formazione, cioà, di quelli
che avevano otto o nove anni nel 1968 ma che subito dopo, nemmeno
adolescenti, si trovarono a giocare la loro parte nella "guerra
civile" strisciante degli anni di piombo. Dentro cìè tutto : Bologna e
l’assassinio di Francesco Lo Russo, Roma e la cacciata di Lama dalla
Sapienza, L’omicidio di Giorgiana masi, Torino e la tragedia
dell’Angelo Azzurro, il concerto dei Santana finito a botte con la
polizia, Giuliano Ferrara - allora dirigente comunista- con i manici
di piccone davanti a Palazzo Nuovo.
Un romanzo più prezioso di numerosi saggi per comprendere cosa ha
voluto veramente dire vivere gli anni dei movimenti collettivi,
restituiti da Rastello nella loro corporeità e complessità : con gli
innegabili meriti ma anche con quanto del cattivo presente italiano
fosse già annunciato in essi.