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La poesia : voce acuta e sfaccettata degli anni violenti ( dai primi anni ’60 alla fine degli anni ’70)

Emanuela Nanni

Résumé

Non si pensa forse mai abbastanza che un mezzo tradizionalmente lieve e intimista come la poesia possa far scendere in campo parole pesanti come pallottole. Si è portati a credere che la violenza verbale non sia fatta per i versi, e che qulaora invece siano dentonanti, debbano esser disgregati, eversivi o spettacolari.

Il clima intellettuale che regnava negli anni di piombo era fortemente infuenzato dalle manifestazioni socio-politiche che sprigionavo una forza dilagante. “Libertà o morte”, utopia ed estremizzazione di essa, sono immagini “imbracciate” anche da chi faceva poesia e che alimentavano il nodo d’istanze avanzate in quegli anni di tensione. La poesia, luogo da sempre deputato a manifestare e a proteggere la libertà individuale, capace di affascinaree anche per la sua eversione formale rispetto all’ordine normativo delle cose e delle parole, si esprime in questi anni in modo estremamente variegato. Muovendo dalle voci di alcuni poeti “militanti” come Nanni Balestrini, e di alcuni dei poeti appartenenti al vivissimo coacervo del Gruppo ’63, mi ripropongo di ripercorrere il modo spesso diametralmente opposto con cui i poeti attivi dalla metà degli anni 60 alla fine degli anni 70, hanno colto l’air du temps. Si tratta di autori con poetiche diverse che si rivelano tuttavia accomunati dall’idea che la poesia possa, spesso più del romanzo, rappresentare frammenti di un reale che si era - e si è- fatto sempre più insondabile, per diventare lo strumento con cui il microcosmo individuale di un soggetto, sempre più destabilizzato, possa inserirsi in un macrocosmo sociale in evoluzione, in rivolta.